Castello di Torrimpietra

Emozioni

I luoghi raccontano anche emozioni al nostro cuore e qui troverete alcuni di questi pensieri

Siamo nel 1923, è un giorno di nebbia e di pioggia a Milano e in via Solferino, Luigi Albertini, Senatore ed ex Direttore del Corriere della Sera, è alle prese con la supervisione del giornale che ha come attuale Direttore suo fratello Alberto.

Visti gli accadimenti di quei giorni e l’incessante avanzata fascista nel paese, Luigi Albertini dettato dai suoi ideali liberali conservatori, sceglie di ribellarsi contro gli ideali fascisti e, senza timore ma per onore di verità, pubblica degli editoriali di politica interna e internazionale.

Ciò non viene visto di buon occhio da parte della politica, ma per il Senatore la libertà di pensiero resta l’imperativo primario.

Il primo maggio del 1925 firma il manifesto degli intellettuali antifascisti redatto da Benedetto Croce che scrive «[…] Anche oggi, né quell’asserita indifferenza e inerzia, né gl’inadempimenti che si frappongono alla libertà, ci inducono a disperare o a rassegnarci».

I fratelli Albertini che tanto ambivano alla libertà di pensiero vengono costretti a lasciare per sempre via Solferino, dopo aver pubblicato il loro ultimo pensiero nel Commiato: «Abbiamo dovuto dunque, mio fratello ed io, rassegnarci alle conseguenze dell’intimazione dei signori Crespi, cedere loro le nostre quote e rinunziare alla gerenza ed alla direzione di questo giornale. A tale immenso sacrificio vado incontro col cuore gonfio d’amarezza ma a testa alta. Perdo un bene che mi era supremamente caro, ma serbo intatto un patrimonio spirituale che mi è ancora più caro e salvo la mia dignità e la mia coscienza».

Ogni passo che separa le loro scrivanie dal portone principale rappresenta, per Luigi e Alberto, un ricordo legato al loro tanto amato Corriere, che gli ha permesso di crescere umanamente e professionalmente. I due, prima giornalisti e poi direttori, arrivati dinnanzi all’uscio del portone che precede il colonnato, si guardano negli occhi e mai come in quel momento si sentono fratelli, accomunati da un unico valore comune: la libertà.

Fuori da quel portone nonostante tutto c’è il sole.

È il 1926, dopo un lungo viaggio Luigi Albertini arriva alle porte di Roma e a pochi chilometri da Fiumicino, giunge davanti ad un imponente castello circondato da mura: il castello di Torre in Pietra detto anche castello Falconieri.

Il Senatore rimane piacevolmente sorpreso da ciò che vede: un’immensa proprietà circondata da ettari di palude. Decide, così, di impiegare parte della sua liquidazione nell’acquisto della tenuta, alla cui conduzione dedica il resto della sua vita.

Ogni luogo ha una storia e Albertini, giornalista di professione, decide di raccoglie tutte le tracce di quel luogo con il desiderio di ricostruirla, prima di iniziare a scrivere la sua.

Torre in Pietra è una fortezza di origine medievale, attorniata da torri e mura di cinta passata di proprietà in proprietà tra diverse ricche famiglie del territorio. La leggenda narra che, nella fortezza, siano stati costruiti in una sola notte ben 99 fontanili del castello e la sua turris per mano di Pagliaccetto che, così facendo, si guadagnò la fiducia del Principe Falconieri che abitava la tenuta ed ebbe la possibilità di trascorrere lì la sua vita assieme alla sua magica sella, ai suoi 99 folletti ed alla sua amata, Aniella.

In una notte buia e tempestosa, mentre il Senatore Albertini solcava la salita della torre di Pagliaccetto, viene sorpreso da un forte temporale. Costretto a ripararsi nel bosco incontra un uomo che lo invita a fuggire da quel luogo, spiegandogli che fu proprio lì che, Pagliaccetto, si vendicò del Principe Falconieri per aver donato il cuore ad Aniella. Il magico uomo richiamò a sé tutti gli animali di Torrimpietra convincendoli a seguirlo all’interno del Bosco Sacro, dove lanciò una terribile maledizione su chiunque avesse provato a inoltrarsi in esso.

Il Senatore non si fece intimidire dai racconti e dalle leggende e diede vita al suo più grande desiderio: creare un’azienda agricola modello. Con l’aiuto di suo figlio e suo cognato bonificò tutto il territorio grazie a delle nuove macchine agricole liberando così i terreni dalle acque stagnanti e costruendo la diga di Polidoro. Grazie alla sua azione vennero bonificati 1400 ettari dedicati alla produzione agricola di foraggio, oliveti e frutteti.

 

Oggi la storia del Senatore Luigi Albertini e di suo fratello Alberto è un esempio di come la libertà di pensiero sia una delle forme più importanti per la dignità di un uomo e di come niente e nessuno possa impedirla fintanto che le sue conseguenze rappresentano una rivoluzione pacifica e la vittoria della giustizia contro ogni forma di repressione. Il Senatore Albertini ci insegna che è possibile costruire qualcosa di grande e di bello partendo dal proprio piccolo, per un mondo migliore. Impariamo da questi grandi uomini.

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